Baklava, strati di storia e zucchero 

Quando passeggiamo tra i vicoli acciottolati di Istanbul, il profumo di zucchero caramellato, burro fuso e spezie orientali ci avvolge come un richiamo antico. È facile allora ritrovarsi davanti a una vetrina che espone ordinatamente file lucide e dorate di baklava, un dolce che non è solo una ricetta, ma un vero e proprio emblema della cultura turca. Ogni morso racconta una storia che affonda le radici nell’Impero Ottomano e si intreccia con le tradizioni culinarie di tutto il Medio Oriente.

Un dolce imperiale
La storia della baklava è avvolta da un alone di leggenda, proprio come i suoi strati sottilissimi. Le sue radici si perdono nei secoli e nei deserti: qualcuno la fa risalire agli Assiri, che già nel VIII secolo a.C. preparavano una sorta di pane dolce con frutta secca, cotto in forni rudimentali. Ma la vera svolta arriva con l’Impero Ottomano. Nel cuore del Palazzo Topkapı, le cucine reali – una delle brigate più complesse del mondo antico – perfezionano quella che sarà la versione imperiale della baklava. Lì, lontano dagli occhi comuni, chef detti matbah emini lavoravano giorno e notte per compiacere il sultano. La baklava veniva servita come simbolo di ricchezza, raffinatezza e potere. Non era solo cibo, era uno strumento politico. Ogni anno, durante il mese sacro del Ramadan, una processione militare – la Baklava Alayı – portava il dolce dai forni di corte ai giannizzeri. Centinaia di teglie scintillanti trasportate come reliquie, segno tangibile della benevolenza del sultano verso il suo esercito.

Un’opera di ingegneria dolciaria
Ma cos’è, in fin dei conti, la baklava? È un dolce composto da numerosi strati sottilissimi di yufka, una sfoglia simile alla fillo greca, imburrati uno ad uno, intervallati da una farcitura di frutta secca – tipicamente pistacchi di Gaziantep, noci dell’Anatolia centrale, o mandorle della costa egea. Dopo la cottura in forno, che regala alla sfoglia la sua caratteristica croccantezza, il dolce viene inondato di uno sciroppo caldo a base di zucchero, acqua di rose o limone, e talvolta miele, che ne ammorbidisce gli strati inferiori senza togliergli la fragranza. Non esiste una sola baklava: ogni regione della Turchia vanta la propria variante, e ogni famiglia la propria ricetta segreta. 

Botteghe storiche e tavole familiari
Se vogliamo assaporare la baklava nel suo contesto più autentico, dobbiamo sederci a uno dei tavolini di Karaköy Güllüoğlu, storica pasticceria fondata nel 1949 a Istanbul da una famiglia originaria di Gaziantep, entrarvi è come fare un tuffo in un museo vivo del dolce turco: vassoi scintillanti in vetro, varietà di forme – quadrata, triangolare, a nido d’ape – e un vociare costante di clienti che discutono su quale sia la vera baklava; oppure perderci tra le stradine del mercato coperto Kapalıçarşı, dove i venditori offrono generosi assaggi avvolti in carta dorata. Chi vuole vivere l’esperienza più autentica, deve partire da Gaziantep, nel sud-est della Turchia. È qui che nasce la baklava con marchio DOP, riconosciuta persino dall’Unione Europea. Nelle botteghe di İmam Çağdaş o Koçak Baklava, maestri pasticceri eredi di tradizioni secolari preparano ancora oggi la baklava come si faceva nei palazzi dei sultani. C’è chi giura che in questa città il segreto stia nella qualità del burro, ottenuto da latte di pecora locale, o nella fragranza unica dei pistacchi coltivati nella terra vulcanica della regione. Ma non è raro trovarla anche nelle case turche, soprattutto in occasione del Şeker Bayramı, la “festa dello zucchero” che conclude il Ramadan, quando le famiglie si scambiano piatti colmi di dolci come segno di riconciliazione e amore. In quell’occasione, le cucine familiari si trasformano in piccoli laboratori artigianali: le nonne insegnano alle nipoti come stendere la sfoglia sottilissima, mentre i bambini si contendono i ritagli zuccherini con dita appiccicose.

Tra modernità e memoria
Oggi, la baklava continua a essere uno dei simboli più amati della Turchia. È il dolce dell’orgoglio nazionale, ma anche della condivisione. Può essere degustata nei ristoranti di lusso sul Bosforo o servita in modeste trattorie di paese, eppure mantiene intatta la sua carica simbolica: quella di un dolce che unisce, che parla di festa e di famiglia, che richiama il passato in ogni boccone. Secondo un detto popolare turco, “una casa dove si prepara baklava è una casa dove si respira pace”. E forse, nell’aroma di pistacchi e miele, c’è davvero un piccolo segreto per la felicità.

 

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