Il pane in Turchia: forno e memoria

Quando pensiamo alla cucina turca, spesso la mente corre a piatti ricchi di spezie, kebab succulenti o dolci al miele. Eppure, c’è un alimento che accompagna ogni pasto, dalla colazione alla cena, e che custodisce la storia più antica della convivialità: il pane. In Turchia non è soltanto un cibo, ma un simbolo di vita e di benedizione, tanto che sprecarlo è considerato quasi un sacrilegio. Questo valore profondo spiega perché le pratiche tradizionali della panificazione siano state incluse tra i patrimoni culturali immateriali dell’UNESCO, a tutela di un’arte che unisce passato e presente.

Dall’Anatolia neolitica ai forni bizantini
Le radici della panificazione turca affondano nel cuore dell’Anatolia, una delle prime regioni al mondo dove il grano venne coltivato. Nei villaggi neolitici di Çatalhöyük, più di 9.000 anni fa, sono state ritrovate tracce di cereali macinati e impastati con acqua, cotti su pietre roventi: una pratica che richiama da vicino il bazlama, la focaccia ancora oggi molto amata.

Con l’Impero bizantino, il pane divenne alimento essenziale nelle città, tanto che a Costantinopoli esistevano corporazioni di panettieri controllate dallo Stato per garantire prezzo e qualità. Questo modello fu ereditato poi dagli Ottomani, che consideravano il pane un diritto fondamentale per la popolazione. Nei registri di corte troviamo precise disposizioni sul prezzo della farina e sul numero di panifici autorizzati in ogni quartiere.

Il profumo dei forni di villaggio
Camminando per i quartieri più antichi delle città turche o attraversando i piccoli villaggi rurali, è impossibile non lasciarsi guidare dall’aroma caldo e invitante che proviene dai forni. Qui la panificazione non è soltanto un’attività quotidiana, ma un vero e proprio rito comunitario. In passato molte famiglie non possedevano un forno domestico, così le donne impastavano a casa e poi portavano le pagnotte nel forno comune del villaggio, dove si cuocevano insieme quelle di tutti. Il momento della cottura diventava così anche occasione di incontro, di scambio di notizie e di socialità.

Un patrimonio di varietà
Il repertorio dei pani turchi è sorprendentemente ricco. L’ekmek, il pane bianco a lievitazione naturale, resta il più diffuso sulle tavole quotidiane. Ma accanto a lui troviamo il bazlama, una sorta di focaccia rotonda e morbida cotta sulla pietra rovente, spesso condivisa calda con burro e formaggio. Nei mercati e durante il Ramadan spunta l’inconfondibile pide, allungata e ricoperta di semi di sesamo o nigella, preparata in versioni semplici oppure farcite.

Non manca il yufka, una sfoglia sottilissima che si presta a mille usi: piegata e farcita diventa börek, mentre essiccata si conserva a lungo e rappresentava un tempo una preziosa riserva per le famiglie contadine. Infine, nelle zone più montuose, è ancora possibile trovare pani integrali e di segale, eredità di un passato in cui il grano non era sempre disponibile in abbondanza.

Mani esperte e gesti tramandati
La preparazione del pane è legata a gesti antichi, trasmessi di madre in figlia. L’impasto, spesso arricchito da un pizzico di yogurt o latte per renderlo più morbido, viene lavorato con movimenti lenti e decisi. Non di rado si utilizza il hamur tahtası, una tavola di legno liscia e ampia, e il oklava, un lungo mattarello sottile indispensabile per stendere le sfoglie. La lievitazione, un tempo affidata solo al lievito naturale, era considerata quasi un dono: la “madre” dell’impasto non veniva mai sprecata, ma custodita con cura per la panificazione successiva. 

Il pane come bene sacro
In Turchia il pane non è soltanto nutrimento. È un simbolo di prosperità e di rispetto verso la terra e il lavoro dell’uomo. C’è un’usanza antica che colpisce chiunque viaggi nel Paese: se un pezzo di pane cade a terra, viene raccolto e baciato, per poi essere riposto in un luogo pulito. Un gesto semplice, ma che racconta il profondo valore attribuito a questo alimento.

Dalla tradizione al presente
Oggi, pur con la diffusione di forni moderni e la produzione industriale, molte di queste tradizioni resistono. Nei villaggi, i forni a legna continuano a essere il cuore pulsante della comunità, mentre nelle città non manca chi sceglie di alzarsi presto la mattina per acquistare il pane ancora caldo dal panificio sotto casa. Durante le feste religiose, come il Ramadan o la Festa del Sacrificio, il pane diventa ancora più centrale: un dono da portare ai vicini, un segno di ospitalità e condivisione.

 

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