Centro storico di Porto
Là dove il fiume incontra il mare
Scendendo verso la foce del Douro, là dove il fiume incontra l’oceano e dove, già nell’VIII secolo a.C., i Fenici fondarono un insediamento commerciale. Le tracce di questa primissima attività mercantile ci accompagnano ancora oggi tra gli odori e i suoni del quartiere della Ribeira, cuore pulsante della Porto più antica. Attraversiamo i suoi vicoli stretti e colorati, e percepiamo l’eco di quel nome latino – Portus – che i Romani attribuirono a questa città nel I secolo a.C. Già allora, militari, mercanti e agricoltori si incontravano qui, attratti dalla posizione strategica lungo il fiume. Camminando tra le case alte e irregolari, costruite per adattarsi alla pendenza della collina, intuiamo come la città si sia sviluppata seguendo il ritmo del fiume e del mare, costantemente in dialogo con il mondo esterno.
È proprio questa vocazione marittima a plasmare la sua identità.
Dentro le mura di una città resiliente
Proseguendo verso l’interno, ci troviamo circondati dalle mura medievali, le cosiddette mura Fernandine, completate nel 1376 durante il regno di Dom Fernando. Queste fortificazioni racchiudono il nucleo storico di Porto, un tessuto urbano che, pur trasformandosi nei secoli, ha conservato la sua struttura originaria. Seguendo il tracciato delle mura, riconosciamo il confine tra la città medievale e il vecchio quartiere portuale, un tempo esterno alle difese.
Attraverso le torri superstiti e i resti murari, riviviamo le tensioni che attraversarono la città nei secoli: dalle incursioni dei Visigoti alle razzie normanne, fino alla riconquista cristiana che, nel XI secolo, inserì definitivamente Porto nel regno di Castiglia. La stratificazione è visibile non solo nelle pietre, ma anche nella disposizione delle strade, che seguono ancora i percorsi medievali originari.
Il ponte che sfida il tempo
Attraversiamo ora uno dei simboli più rappresentativi della città: il Ponte Dom Luís I. Questo elegante arco in ferro battuto, completato nel 1886 su progetto dell’ingegnere Théophile Seyrig, collega Porto alla riva meridionale del Douro, dove sorge Vila Nova de Gaia. Mentre lo percorriamo sul livello superiore, riservato oggi al traffico pedonale e alla metropolitana leggera, ammiriamo la maestria della sua struttura. L’opera, che all’epoca univa innovazione tecnica e funzionalità urbana, continua a rappresentare un collegamento vitale tra le due sponde. Il ponte non è solo un’opera ingegneristica: è un passaggio sospeso nella memoria della città, che ci permette di osservare il suo sviluppo da una prospettiva privilegiata.
In cima alla collina, lo sguardo sulla città
Una volta attraversato il ponte, ci inerpichiamo verso il Monastero di Serra do Pilar, situato su un promontorio che domina l’intera città. Fondato nel XVI secolo, questo complesso monastico colpisce per la particolarità della sua pianta circolare, tanto nella chiesa quanto nel chiostro, una rarità nell’architettura portoghese. Oltre al valore artistico, Serra do Pilar ha avuto anche un ruolo strategico: nel XVII secolo fu fortificato e trasformato in baluardo militare. Dalle sue terrazze, oggi, possiamo abbracciare con lo sguardo tutto l’anfiteatro urbano di Porto.
Luoghi sacri, segni del tempo
Tornati nel centro storico, ci dirigiamo verso la Sé, la cattedrale di Porto. La sua navata romanica, costruita nel XII secolo, è uno degli esempi meglio conservati di architettura religiosa dell’epoca. Ma è nel chiostro gotico, decorato da pannelli di azulejos (tipico ornamento dell’architettura portoghese e spagnola), che percepiamo con più forza la fusione tra pietra e ceramica, tra severità e narrazione. Poco distante, la chiesa di Santa Clara ci immerge in un’atmosfera completamente diversa: qui lo stile manuelino ( o tardo gotico portoghese) esplode in intagli dorati che rivestono ogni parete e altare, testimoniando la ricchezza spirituale e materiale raggiunta nel periodo delle scoperte. Ogni edificio sacro, con la sua architettura e decorazione, racconta un pezzo della lunga relazione tra Porto e il sacro.
Palazzi, teatri e la nuova borghesia
Ci spostiamo ora nel cuore del potere civile ed economico. Il Palácio da Bolsa, costruito tra il 1842 e il 1910, celebra la prosperità mercantile della città. Visitando il Salone Arabo, ci accorgiamo di quanto l’Oriente fosse ancora fonte di ispirazione estetica per la borghesia portuense dell’Ottocento. Non lontano, entriamo nella stazione di São Bento, inaugurata nel 1916: più di ventimila azulejos narrano battaglie, scene rurali e momenti della vita quotidiana, fondendo arte e funzionalità in un unico spazio. Infine, sostiamo davanti alla Cadeia da Relação, antico carcere settecentesco che oggi ospita il Centro Portoghese di Fotografia. Accanto, il Teatro São João ci ricorda l’amore della città per la cultura: sorto a fine Settecento e ricostruito nel XX secolo dopo un incendio, rimane un punto di riferimento per la vita teatrale cittadina.
Un centro vivo, non solo da cartolina
Passeggiando tra le case del centro, alcune umili, altre nobilitate da balconi in ferro e facciate di ceramica, ci accorgiamo che Porto non è un museo a cielo aperto. La vita quotidiana scorre tra piccoli negozi, orti urbani, caffè frequentati da residenti. Questa vitalità è il frutto anche del progetto Porto Vivo, un programma di riabilitazione urbana che punta a preservare l’identità del centro, favorendo il ritorno degli abitanti e la cura degli edifici storici, anche quelli meno monumentali. Nonostante le sfide legate alla pressione turistica e allo spopolamento, il tessuto sociale tiene, sostenuto da iniziative locali che valorizzano l’uso abitativo e culturale degli spazi.
Una tutela attiva, per guardare al futuro
Concludiamo il nostro itinerario soffermandoci su ciò che rende possibile la conservazione di questo patrimonio. L’intero centro storico è classificato come Monumento Nazionale, e un articolato sistema normativo – che coinvolge enti statali, municipali, religiosi e civili – ne garantisce la protezione. Il Piano di Gestione del Patrimonio Mondiale prevede il monitoraggio costante dello stato di conservazione, progetti di restauro e piani di comunicazione destinati alla comunità. La sfida più importante resta quella del riequilibrio demografico: per mantenere viva l’anima della città, è essenziale che il centro rimanga abitato, vissuto, condiviso. Così, la storia che abbiamo attraversato potrà continuare ad arricchirsi ogni giorno.