Al Qal’a di Beni Hammad
Tra le rovine della prima capitale Hammadide
Nel cuore dell’Algeria, tra le montagne di Djebel Maâdid, ci avviciniamo a uno dei siti archeologici più affascinanti del Nord Africa: la Qal’a di Beni Hammad. A mille metri d’altitudine, il paesaggio si apre davanti a noi come un vasto anfiteatro naturale, dove le rovine di una città ormai silenziosa raccontano la storia di una civiltà raffinata e potente, quella degli Hammadidi.
La nascita di una capitale nel cuore delle montagne
Fondata nel 1007 da Hammad ibn Buluggin, figlio del fondatore di Algeri, questa città fortificata divenne in breve tempo la prima capitale del suo regno. Immaginiamo la vita di allora: tra le mura lunghe sette chilometri si estendeva una metropoli vivace, con moschee, palazzi sontuosi, giardini e mercati brulicanti. Era un centro politico, militare e culturale che rifletteva l’eleganza dell’arte islamica e la ricchezza della dinastia Hammadide, capace di unire influenze maghrebine, andaluse e siciliane.
Ma la prosperità della Qal’a durò meno di un secolo. Nel 1090, sotto la minaccia delle invasioni dei Banu Hilal, gli abitanti furono costretti ad abbandonarla. Quando, nel 1152, fu definitivamente distrutta, la città era già avvolta dal silenzio delle montagne. Eppure, anche nella rovina, conserva ancora il fascino di un’epoca d’oro.
La grande moschea e i palazzi perduti
Tra le pietre scolpite e i frammenti di colonne, ci appare la sagoma della grande moschea, una delle più imponenti dell’Algeria. Il suo vasto spazio di preghiera contava tredici navate e otto campate, una struttura grandiosa che accoglieva centinaia di fedeli. Al suo fianco si ergeva un minareto elegante e severo: il più antico del paese dopo quello di Sidi Boumerouane, simbolo della precoce maestria architettonica degli Hammadidi.
Camminando tra i resti dei palazzi, possiamo ancora intuire la raffinatezza di quella corte: colonne decorate, nicchie scolpite, bacini d’acqua che riflettevano la luce del sole e giardini geometrici ispirati ai modelli orientali. Le decorazioni in stucco e ceramica rivelano un gusto estetico sofisticato e un’arte palaziale che influenzerà in seguito la Sicilia normanna e l’architettura di Al Andalus (la Spagna islamica).
Testimonianza di una civiltà raffinata
La Qal’a di Beni Hammad è considerata dagli storici un documento eccezionale della civiltà islamica medievale. Le sue rovine offrono un’immagine precisa di come fosse organizzata una città musulmana fortificata dell’XI secolo: la cittadella militare, la grande moschea, le residenze aristocratiche e gli spazi dedicati al commercio e alla vita quotidiana. L’insieme è talmente ben conservato che l’UNESCO lo ha riconosciuto come Patrimonio dell’Umanità, ritenendolo una testimonianza unica di una cultura scomparsa ma ancora viva attraverso la pietra.
Conservazione e silenzio
Oggi, mentre percorriamo i sentieri che un tempo videro passare emiri e mercanti, il sito appare immerso in un silenzio quasi sacro. Le rovine, protette dalle leggi nazionali algerine e gestite dall’Ufficio per la Protezione e la Valorizzazione dei Beni Culturali, necessitano di interventi costanti per resistere all’erosione del tempo e del clima montano. Pochi visitatori raggiungono queste alture ogni anno, ma forse è proprio questo isolamento a preservare intatta la magia del luogo.
Camminando tra i resti di questa antica capitale, possiamo quasi udire gli echi delle chiamate alla preghiera, il fruscio delle vesti nei cortili, il mormorio dell’acqua nelle fontane dei palazzi. Al Qal’a di Beni Hammad non è solo un sito archeologico: è un viaggio nel tempo, un incontro diretto con le origini dell’arte e della storia islamica del Maghreb.