Il cuore antico dell’Anatolia: Niğde, tra pietra scolpita e fede sorridente

Situata nell’Anatolia centrale, la provincia di Niğde si estende tra altopiani fertili e vette vulcaniche, confina con le province di Konya, Aksaray, Nevşehir, Kayseri, Adana e Mersin. Sebbene oggi sia una città tranquilla e poco toccata dal turismo di massa, Niğde custodisce lontano dai turisti alcuni dei tesori più affascinanti della storia anatolica. Mi piace passare un sonnacchiso pomeriggio turco alla cittadella tra mosche, castelli, e persone curiose che mi chiedono cosa ci faccio lì e sono contenti quando dico che vado al piccolo Museo Archeologico, ben fatto e molto interessante. Allora mi suggeriscono di andare a Eski Gümuşler Monastiırı, il Monastero degli Antichi Argenti. Sgranano gli occhi quando dico di esserci stato la prima volta 30 anni fa e di aver visto lo svluppo dei lavori e ridodno quando sfodero qualche parola in dialetto della Cappadocia. Qui vengo quando posso, il il monastero è un capolavoro bizantino, scomparso dalla carte per molti anni e ritrovato  dove la rarità della Vergine Sorridente mi regala sempre un senso di benessere.


La Cittadella di Niğde e i suoi monumenti

Il nucleo storico della città si sviluppa nel distretto di Alaeddin, arroccato su una collina conosciuta come Alaeddin Tepesi. Qui si trovano importanti monumenti che attraversano epoche e fedi: la cittadella medievale, la Moschea di Alaeddin (1223), la Moschea di Sungur Bey (1335), la Moschea Rahmaniye, l’antico Bazar Coperto di Sokollu Mehmet Paşa, la Fontana dei Maniscalchi (Nalbantlar Çeşmesi) e chiese greche e armene ormai silenziose.


La Moschea di Alaeddin: pietra e geometria

Costruita nel 1223, la Moschea di Alaeddin è uno dei più antichi esempi di architettura religiosa selgiuchide in Anatolia. Ciò che colpisce è la purezza geometrica delle decorazioni in pietra: stelle a otto punte, motivi intrecciati e un portale orientale che rappresenta una delle prime manifestazioni ornamentali del gusto selgiuchide. Il portale nord, invece, introduce un “doppio volto” architettonico, un’idea poi ripresa nella Moschea Grande di Divriği.

All’interno, il soffitto piatto poggia su una base di muqarnas (stalattiti scolpite) riccamente intagliate, un’innovazione che non si riscontra in moschee precedenti. Il minbar (pulpito) è decorato con motivi tinti di robbia (una pianta tintoria), scolpiti con grande cura nei supporti laterali.


La Moschea di Sungur Bey: gotico e madreperla in Anatolia

Costruita nel 1335 poco fuori dalla cittadella, la Moschea di Sungur Bey combina elementi dell’arte selgiuchide con influenze gotiche, in particolare nella forma dei suoi portali e delle finestre. Ha due minareti e un impianto rettangolare. Le porte in legno sono decorate con la tecnica kündekâri, in cui pezzi incastrati formano complessi disegni senza chiodi né colla, e con intarsi in madreperla, probabilmente i primi del genere in Anatolia. Il minbar è considerato uno dei più antichi esempi di questo tipo di lavorazione.


Il Monastero degli Antichi Argenti e la Vergine Sorridente

Ai piedi della cittadella, nascosto tra le case in pietra e gli orti, si trova il suggestivo Monastero della Vergine Maria, un complesso bizantino risalente probabilmente al X secolo, conosciuto localmente come Gülen Meryem – la Vergine Sorridente. Il nome deriva da un affresco sopravvissuto nei secoli, che raffigura Maria con un’espressione di dolcezza disarmante, quasi un sorriso, una rarità nell’iconografia bizantina.

Un aneddoto popolare narra che un tempo, durante una carestia, una famiglia cristiana pregò davanti a quell’immagine e trovò miracolosamente grano all’ingresso del monastero il mattino seguente. Da allora, la “Vergine Sorridente” è venerata non solo dai cristiani, ma anche da molti musulmani locali che le accendono candele, chiedendole protezione.

Il monastero, cadde in rovina in rovina ma è stato pazientemente restaurato, lo scorso anno mancava poco alla conclusione dei. lavori. Conserva una cripta affascinante, colonne scolpite e resti di affreschi di rara bellezza. L’atmosfera è silenziosa, quasi sospesa nel tempo, e ogni pietra sembra custodire un frammento di fede.


Il Museo Archeologico di Niğde: un viaggio nei millenni

Poco distante, il Museo Archeologico di Niğde è uno dei più interessanti della regione, con una collezione che attraversa tutta la storia anatolica, dal Neolitico all’Impero Ottomano.

Cosa vedere assolutamente:

  • le statue hittite provenienti da Göllüdağ, un luogo emozionante dove se volete organizziamo una notte in tenda, tra cui una splendida figura di re-guerriero con elmo conici;

  • il sarcofago di Andabalis, risalente all’epoca romana, scolpito con scene mitologiche in rilievo;

  • i reperti paleocristiani e bizantini, tra cui croci, oggetti liturgici e frammenti di affreschi;

  • la sezione etnografica ottomana con strumenti musicali, tappeti e costumi della regione di Niğde;

  • il corredo funerario di tombe dell’età del bronzo che testimonia la raffinatezza culturale degli antichi popoli anatolici.


Thyana, città delle sorgenti sacre, la porta del Mediterraneo

Tra i molti siti storici della provincia di Niğde, uno dei più affascinanti ma ancora poco conosciuti è Thyana, l’antico nome della moderna Kemerhisar, situata circa 20 km a sud della città di Niğde. Abitata sin dall’età del bronzo, Thyana fiorì in epoca ellenistica e romana come città santuario legata al culto delle acque e della fertilità.

Il nome stesso, Thyana, richiama l’idea di una “terra delle sorgenti”, e infatti la città sorge nei pressi di abbondanti fonti che alimentano ancora oggi antichi acquedotti in pietra.


Le vestigia archeologiche di Thyana

Tra le rovine visibili spiccano:

  • I resti monumentali dell’acquedotto romano, in parte ancora eretto su arcate maestose che dominano il paesaggio rurale;

  • Le terme romane, dove si intravedono i vani riscaldati (calidarium) e le canalizzazioni per l’acqua termale;

  • I mosaici pavimentali che adornavano ville e spazi pubblici, alcuni dei quali oggi conservati nel Museo Archeologico di Niğde;

  • I ruderi di un tempio dedicato ad Apollo e a divinità locali legate alle acque, secondo quanto attestato da iscrizioni votive in greco.


Un luogo mistico e ribelle

Thyana è ricordata anche per un ruolo importante nelle guerre contro Roma: fu qui che si rifugiò per breve tempo Zenobia di Palmira, la celebre regina ribelle che sfidò l’impero romano nel III secolo. Dopo la sua sconfitta, la città fu punita dai romani, ma non perse mai il suo prestigio religioso. In epoca bizantina continuò ad essere un centro episcopale attivo, come dimostrano iscrizioni e resti di una basilica paleocristiana.

Un aneddoto tramandato localmente racconta che le acque di Thyana erano così pure da curare le malattie degli occhi, e che ancora nel XIX secolo pellegrini musulmani e cristiani si recavano alla sorgente sacra di Nar, poco fuori dal centro abitato, per lavarsi e pregare.


Oggi

Oggi Kemerhisar è un tranquillo villaggio, ma camminare tra le sue viuzze significa camminare sulla storia. Le arcate romane spuntano tra gli alberi da frutto, i resti dell’antica città convivono con il silenzio delle case in pietra, e la memoria di Thyana riaffiora ad ogni passo, come un fiume sotterraneo che continua a scorrere sotto la terra anatolica.

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