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Guida Istanbul

Queste sono alcune bozze delle pagine della guida con i luoghi che incontrerete oggi.

IPPODROMO

L’antico Ippodromo di Costantinopoli venne fatto costruire nel 203 a.C da Settimio Severo, ma venne portato alla dimensione definitiva (400x120m) solo da Costantino. Qui, sul grande spiazzo rettangolare dell’At–meydani, avveniva, come per il Circo Massimo a Roma, l’incontro tra l’imperatore ed il popolo. Le tribune, originariamente di legno, poi sostituito nel secolo x dal marmo, potevano accogliere fino a 100.000 persone e da esse si assisteva alla corsa delle bighe che vedeva contrapposte  le due  fazioni politiche dominanti, i Blu e i Verdi. I primi venivano anche denominati “ miserabili” e rappresentavano la parte più indigente della popolazione, mentre i secondi erano i cosidetti “contribuenti”, reclutati fra le schiere della borghesia cittadina. Talvolta gli scontri tra i due schieramenti erano così aspri da determinare addirittura la caduta del sovrano. L’ippodromo era in effetti, o si potrebbe definire, una “piazza politica” sulla quale si misurava il gradimento della popolazione verso i governanti. Per meglio comprendere quale importanza avessero questi “giochi” nell’antichità, si può citare l’episodio noto come “La rivolta di Nika”. Nell’anno 532 i demi degli Azzurri e dei Verdi si unirono in un atto di ribellione contro l’imperatore di allora Giustiniano, eleggendo un nuovo sovrano al grido di “Nika” (trad.”Vinci!”), esclamazione attraverso la quale si acclamava e si incitavano i partecipanti alle corse nell’Ippodromo. La rivolta iniziò l’11 di gennaio, giorno di inaugurazione dei giochi e si estese dall’ippodromo agli altri quartieri. Per sei giorni la città fu teatro di scontri, barricate, incendi e saccheggi. Le truppe imperiali accorsero per sedare i rivoltosi, ma l’intervento costò la vita a migliaia di persone. Durante l’insurrezione prese fuoco anche Santa Sofia, la quale venne ricostruita, più grande, proprio nel corso del regno di Giustiniano, per volontà dell’Imperatrice Teodora. Qui si trova ancora oggi la cosidetta “colonna piangente”, una colonna di marmo dalla quale sembra che stillino le lacrime di dolore degli insorti che qui persero la vita, risalenti dal terreno alla colonna che affonda nel suolo. In realtà si tratta dell’acqua proveniente da una falda acquifera e che assorbita per capillarità dalla pietra porosa, fuorisce sulla superficie esterna. A queste “lacrime” venivano attribuiti qualità miracolose e poteri curativi, specialmente contro le malattie della vista.                                                                                                                         

Dove adesso è collocata la Moschea Blu è possibile immaginare l’antico kathisma, o palco imperiale, dal quale l’imperatore assisteva alle gare. Il palco è raffigurato proprio sul basamento dell’obelisco che Teodosio fece erigere intorno all’anno 390 d.C. sulla spina centrale dell’ippodromo. L’imperatore compare qui quattro  volte:dapprima con i suoi familiari, poi mentre riceve l’omaggio dei nemici vinti, nuovamente mentre assiste all’erezione dell’obelisco e infine mentre incorona i vincitori della corsa delle quadrighe. Sopra il Kathisma erano posizionati i famosi quattro cavalli della Basilica di San Marco di Venezia, sottratti all’Ippodromo nel 1204 nel corso delle crociate. La parte terminale dell’Ippodromo infine era chiamata “Fionda” e fungeva da palcoscenico per le esecuzioni capitali. L’ippodromo non perse la sua doppia valenza di sede di dibattito sociale e politico e di gara nemmeno dopo la caduta di Costantinopoli: in epoca ottomana la piazza continuò ad essere utilizzata come campo di gioco del “cirt”, una sorta di polo tradizionale mentre le diatribe tra le fazioni portarono nel 1909 alla caduta di Abdul Hamit II ed alla promulgazione della Costituzione ottomana.   

Ora, di ciò che costituiva il cuore pulsante della città antica e delle sue originarie ricchezze, non rimangono che poche tracce: la Sphendone, ossia il terrazzamento sul quale poggiava la parte sud del complesso architettonico e tre monumenti posti sulla “spina” centrale, La Colonna di Costantino, la Colonna Serpentina e l’obelisco di Teodosio. Delle antiche colonne che facevano parte dell’Ippodromo 24 fanno bella mostra di sé alla Moschea di Solimano costituendone il vestibolo.

LA COLONNA DI COSTANTINO  o obelisco murato è costituita da 9 blocchi di porfido grossolanamente tagliati e posti su una base  in muratura, per un’altezza complessiva di 20,4 m. La colonna venne probabilmente eretta nel IV sec. e originariamente era sormontata da una statua con le sembianze dell’imperatore nelle vesti di Helios. Lo sguardo rivolto verso il giorno nascente, lo scettro nella mano destra, il globo del mondo nella sinistra, una corona di raggi sfolgoranti fatti con i chiodi della croce ed un’iscrizione che cita “Costantino, che splende come il sole” . La statua venne abbattuta dal vento nell’anno 1026 e fu fatta sostituire da una croce, mentre la struttura di pietra venne rinforzata attraverso cerchi di metallo.  Molte sono le credenze che ruotano attorno a questo ragguardevole elemento:

secondo una tradizione bizantina, al disotto della colonna sarebbe stato sepolto il palladio (una statuetta lignea raffigurante la dea Atena  portata da Troia a Roma da Enea e custodita nel tempio di Vesta), sottratto in segreto dall’imperatore Costantino. Una leggenda racconta poi che il piedistallo contenga frammenti della croce ed alcune ceste della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Esisteva anche una profezia secondo la quale i turchi, una volta entrati in città, avrebbero inseguito i romani fino a questo punto. Qui un angelo sarebbe sceso dal cielo e, consegnando ad un povero una spada, gli avrebbe detto:  “Prendi questa spada e vendica il popolo del Signore!” e alla sua vista i turchi sarebbero fuggiti immediatamente.

LA COLONNA SERPENTINA: solo i resti rimangono di questo importante reperto proveniente dal tempio di Apollo di Delfi e trasportato a decorare la “spina” dell’Ippodromo nel 324 d.C dall’Imperatore Costantino. La colonna era stata originariamente eretta per commemorare la vittoria dei Greci sulle milizie persiane nella battaglia di Platea (479 a.C). Sul suo treppiede d’oro erano elencate le 31 città partecipanti che con il loro contributo avevano reso possibile la sconfitta di Serse. Inizialmente misurava 8 m di altezza ed era composta dall’intreccio di tre serpenti impegnati a sorreggere un trepiede ed un vaso d’oro. Questi due elementi scomparvero già nell’antichità e la colonna mutilata venne così trasferita dalla Grecia in occasione del rinnovo dell’Ippodromo.Lo scopo di questa acquisizione era quello di arricchire la città oltre che di bellezze artistiche anche di soggetti simbolici che rendessero la nuova capitale all’altezza delle altre potenze del mondo antico.

In epoca medievale la colonna Serpentina acquisì un valore quasi magico per la popolazione, tanto che ad essa ci si rivolgeva per ottenere buoni auspici o positive ispirazioni. A questo periodo storico risale anche la credenza che se le teste serpentine fossero scomparse, anche la città sarebbe stata distrutta. Due delle teste erano ancora presenti fino al Settecento, dopodiché vennero rimosse. Fortunatamente  una di esse venne ritrovata nel 1837 ed oggi è conservata all’interno del Museo Archeologico.

L’OBELISCO DI TEODOSIO: L’obelisco, in turco dilikitaş si erge imponente dopo 3500 anni di Storia al centro dell’Ippodromo ed è originario di Deir el Baheri nell’Alto Egitto nell’epoca di Thutmosi III (1549-03 a.C).Dell’altezza di ben 20 metri, si tratta di blocco monolitico di granito posizionato su quattro cubi di bronzo, a loro volta appoggiati su di una base di marmo di sei metri d’altezza. La sua superficie è decorata con geroglifici molto articolati che celebrano la gloria del Faraone e del Dio Horus, mentre i bassorilievi che impreziosiscono la base ritraggono l’Imperatore Teodosio sul palco dell’Ippodromo,affiancato dagli altri esponenti della famiglia imperiale e circondato dal pubblico costituito da nobili, posti ovviamente al di sotto del kathisma. Il basamento così decorato rappresenta una eccezionale rarità, che lo distingue dai molti obelischi presenti a Roma.

LA FONTANA DELL’IMPERATORE GUGLIELMO II: sempre all’interno dell’area adibita all’antico Ippodromo, esattamente sulla parte settentrionale, si trova un gazebo in pietra che rappresenta la fontana in pietra donata nel 1865 al sultano Abdullhamit II dal Kaiser in visita ad Istanbul.Il disegno della struttura fu opera dello stesso sovrano tedesco e prevedeva l’utilizzo di marmi e pietre preziose fatti arrivare direttamente dalla Germania. La fontana era stata pensata per essere inaugurata nel giorno che celebrava la 25° cerimonia di incoronazione dei Sultani, ma siccome non fu completata in tempo venne esposta il 27 Gennaio 1901 per il compleanno di Guglielmo II.

MOSCHEA BLU- Sultan Ahmet Camii

Capolavoro di armonia e bellezza ineguagliabili, la Moschea Blu è uno dei monumenti più affascinanti di Istanbul. Costruita nel 1600 per  volere del Sultano Ahmed I, la moschea sorge sul sito del Gran Palazzo di Costantinopoli, vicino ad Hagia Sofia. Essa venne edificata sotto la direzione dell’architetto Sedefkar Mehmet Ağa, allievo ed assistente di Sinan, abile lavoratore della madreperla e divenuto architetto di corte nel 1606. Il Sultano Ahmed, che allora aveva solo 19 anni, a seguito della sconfitta con la Persia decise di erigere una grande moschea allo scopo di placare l’ira di Allah e la moschea avrebbe dovuto diventare il luogo di culto più importante dell’impero. La sua costruzione sollevò le polemiche degli Ulama (i dotti misulmani), in quanto vennero utilizzate le risorse del tesoro dello Stato, non potendo contare su quelle provenienti dal bottino di guerra.

La Sultan Ahmet Camii è conosciuta con il nome di Moschea Blu per via della sua decorazione interna, ossia per le 21.043 maioliche di Iznik che rivestono sia le pareti che la cupola e su cui domina, a motivi floreali (rose, garofani, tulipani e cipressi stilizzati), il colore blu in tutte le sue sfumature: dal turchese al prussiano, dal cilestrino all’oltremare. Sembra che nel corso della costruzione, gli artigiani dell’antica Nicea non riuscissero a far fronte alla richiesta così ingente di ceramiche e dovettero affidarsi a laboratori meno specializzati, ragione per la quale si osservano materiali di qualità differente. Altra peculiarità è la presenza di ben 6 minareti, caratteristica che rende questa moschea un progetto particolarmente ambizioso,quasi una sfida sacrilega, in quanto solo la Moschea della Ka’ba alla Mecca la supera in quantità (7 minareti) Per il sultano Ahmet I questa era l’unica soluzione per distinguere il proprio operato, non potendo eguagliare in splendore e  magnificenza le moschee di Hagia Sofia o Solimano.Pare che egli fosse talmente entusiasta del progetto che contribuisse alla costruzione lavorando talvolta al fianco degli operai e premiando loro per l’impegno profuso con compensi supplementari.

La cupola centrale misura 43 metri di altezza per un diametro di 23m e ad essa si appoggiano altre quattro semicupole minori a formare un quadro di armoniosa complessità architettonica. L’interno della gran sala di preghiera è rischiarato dalla luce che penetra nell’edificio attraverso 260 piccole finestre,che  creano, insieme alle lampade accese, una suggestiva atmosfera di mistico raccoglimento. La cupola, fittamente decorata, presenta nella parte centrale  raggi dorati di sole che terminano su un’iscrizione riportante la citazione tratta dal Corano: “Dio è la luce del Cielo e della Terra” . Viene sorretta da 4 imponenti pilastri a “piede di elefante”, di 5 metri di diametro. Alla sala di preghiera vi si accede attraversando un vasto cortile alberato, della stessa ampiezza dell’edificio.

La Moschea Blu rappresenta uno dei più importanti monumenti del periodo Ottomano: un tempo  era luogo di raduno e partenza delle carovane di pellegrini diretti verso la Mecca ed allo stesso complesso era annessa una scuola teologica (medrese), un ospizio per i poveri (imaret) e un’ hammam per i fedeli che così potevano svolgere le loro operazioni di purificazione prima della preghiera. Oggi ospita anche un museo di tappeti e kilim, dove si possono apprezzare magnifiche lavorazioni degli anni tra il XVI e il XVII secolo ed un piccolo insieme di negozi (il Bazar Arasta).

L’ingresso  è gratuito a offerta libera, ma il numero delle persone entranti viene gestito e limitato a seconda dell’affluenza per non oltraggiare con il sovraffollamento la sacralità del luogo. Ai visitatori viene chiesto di togliersi le scarpe ed alle donne prive del foulard o di un abbigliamento consono viene fornito un velo con cui coprirsi. I turisti non entrano dall’ingresso principale, bensì da un’entrata secondaria posta sul lato nord. D’estate, la magia del luogo, è corroborata da uno spettacolo di luci e suoni che ogni sera si svolge dalle 20 alle 21.

Orari: aperta tutti i giorni, dalle 9 alle 17, esclusi i momenti di preghiera.

MUSEO DEI MOSAICI  Büyük Saray Mozaikleri Müzesi

è situato dietro la Moschea Blu in Sultanahmet e venne aperto al pubblico ala fine degli anni ‘80. Il museo raccoglie i mosaici, parzialmente conservati in loco nella posizione originale, altri qui trasferiti, risalenti agli inizi del VI sec. e vestigia dell’antico palazzo imperiale di Costantinopoli. Furono gli scavi archeologici condotti a più riprese dall’Università di St. Andrews in Scozia nella prima parte del 1900 nella zona sud della Moschea di Sultanahmet a portare alla luce gran parte di questo complesso musivo di straordinaria bellezza. Molti di essi costituiscono parte di un pavimento ornamentale sulla Via Trionfale che dal Gran Palazzo arrivava fino al porto del Bucoleon. Le decorazioni rimandano ai caratteri dell’arte ellenistica e riprendono scene “laiche” di caccia, giochi infantili, animali reali e fantastici che combattono ferocemente tra loro (elefante contro leone, gazzella contro serpente, cervi e rettili contro unicorni alati, ecc.), figure mitologiche mescolate a spaccati di vita quotidiana. D’altronde il mosaico acquisì valore esclusivamente religioso solo nel momento in cui il cristianesimo venne adottato dall’impero. Interessanti sono anche le parti di fregio che decorava con motivi vegetali e teste umane entrambi i lati della fascia principale dei mosaici. Una passerella sopraelevata permette di osservare i mosaici nella loro collocazione primaria, mentre altri, montati alle pareti con il supporto di pannelli, sono osservabili con dovizia di particolari.

In una strada parallela si trova l’Arasta Bazar (Arasta Çarşısı). Questa piccola via commerciale risale al ‘600 e nacque per sovvenzionare, attraverso l’affitto degli spazi per il commercio, la manutenzione della moschea. Oggi è un luogo frequentato prevalentemente da turisti in cerca di artigianato locale, tappeti e ceramiche.

Apertura: mart./dom. 9.00-19.00 (da giugno ad ottobre) fino alle 17.00 ( da novembre a maggio)

Chiuso per lavori di mantenimento fino a giugno 2012

CISTERNA BASILICA – Yerebatan sarnici

Di tutti i preziosi tesori architettonici che la città di Istanbul conserva, uno dei più suggestivi è sicuramente rappresentato da quella che è la più grande fra le 60 cisterne scoperte sul territorio urbano. Chiamata dal popolo Yerabatan, “palazzo immerso”, la cisterna copre un’area rettangolare di 140 m x 70m all’interno della quale sono distribuite 12 file di 28 colonne alte ciascuna 9 metri e posizionate ad una distanza di 4,90m. Questa struttura venne  realizzata da Costantino Il Grande e successivamente restaurata nel 532 da Giustiniano I per garantire i giusti rifornimenti idrici alle residenze imperiali . L’acqua veniva qui convogliata grazie un acquedotto che la trasferiva  addirittura dalla foresta di Belgrado, distante 19 Km dalla città. Posta in disuso per moltissimo tempo, pare che sia stata riportata alla luce grazie ad uno studioso Olandese di nome P.Gyllius che nel  1500 osservò degli abitanti prelevare dell’acqua attraverso dei fori nel pavimento. L’indagare su questa routinaria operazione lo portò alla scoperta dell’accesso alla Cisterna.                                      

Per la sua realizzazione vennero utilizzati materiali di riciclo ed è per questo  che si osservano colonne diverse tra loro, con capitelli che vanno dallo stile Ionico al Corinzio, alcune con elementi Dorici, mentre altre  nemmeno decorate. Anche le basi delle colonne sono supporti sottratti ad altri edifici  e fra questi si evidenziano due grandi  teste di Gorgone rovesciate, uno dei maggiori elementi di richiamo della Cisterna, interessanti capolavori d’arte Romana. La scelta di inserire questi due elementi sembra che non sia casuale e pare che derivi dal fatto che ai tempi  della costruzione fosse comune utilizzare l’immagine di Gorgone a protezione delle costruzioni grandi ed importanti. (Ricordiamo che secondo la mitologia greca la Medusa aveva il potere di pietrificare con lo sguardo chiunque la guardasse negli occhi. Da qui la facoltà della sua rappresentazione di proteggere dai nemici).

La Cisterna viene associata al sostantivo Basilica proprio a causa di una basilica che precedentemente si trovava nella sede della cisterna. Posta a 6 metri al di sotto del suolo, è raggiungibile attraverso una scalinata che conta 52 gradini in pietra. Le mura che la delimitano esternamente  sono realizzate con  mattoni per uno spessore di 4,40 e, così come i pavimenti,  sono rivestiti da una malta speciale di Horasan che le rende impermeabili. La capacità della cisterna è pari a 100.000 tonnellate d’acqua., anche se oggigiorno i livelli idrici sono molto bassi, tali solo da consentire la sopravvivenza dei pesci che ancora popolano queste acque.

La Cisterna venne sottoposta a ristrutturazione diverse volte: nel periodo ottomano fu realizzato un primo intervento seguito  dall’architetto Mehmer Ağa di Kayseri (1723) ed un secondo circa un secolo più tardi, nel corso del regno del sultano Abdulhamit.  Altre operazioni di restauro , decisamente più recenti, sono state fatte, soprattutto a seguito di costruzioni realizzate fra gli anni 1955-1960 e che hanno minato la stabilità delle colonne. 8 di queste, posizionate nel centro delle cisterna, sono state rivestite di uno strato di cemento che ne ha aumentato la forza, ma cancellato la particolarità. L’ultimo intervento risale al 1985: in tre anni un’opera di pulizia ha eliminato grosse quantità di fango e ha restituito la straordinaria struttura agli occhi dei turisti che possono così visitarla grazie ad un efficace sistema di passerelle e corridoi. I  riflettori  abilmente ed opportunamente collocati e la musica classica che accompagna il visitatore nel suo incedere sotto gli archi creano un’atmosfera particolarmente magica, regalando alla Cisterna il fascino di una vera e propria cattedrale sotterranea.

Una curiosità: la cisterna  è servita da sfondo, nel  1963, al film di James Bond “Dalla Russia con amore.”

ROXELANA HAMAMI

sempre nel quartiere di Sultahamet, troviamo un altro significativo esempio di architettura, frutto dell’opera di Sinan nell’anno 1557. Quest’hammam , costruito nel 16° sec. per volere di Solimano Il Magnifico,porta il nome della moglie del Sultano, una schiava di origine russa che riuscì a scalzare la favorita (Kadm) per regnare al fianco del marito. Il suo hammam viene considerato uno dei più belli di Istanbul e, mentre per lungo tempo cessò la sua ordinaria funzione per essere adibito a luogo di esposizione per tappeti pregiati, dopo un’accurata opera di ristrutturazione, ha di nuovo aperto le porte(giugno 2011) al pubblico per offrire agli ospiti i piaceri tradizionali del rito dell’hammam.

SANTA SOFIA – Aya Sofia Mϋzesi

“Sia Gloria a Dio per avermi giudicato degno di realizzare una simile opera. O Salomone, ti ho superato!”  Questo fu quello che esclamò l’imperatore Giustiniano entrando per la prima volta a Santa Sofia.

Eccoci giunti nel simbolo del trionfo bizantino. Si tratta della Basilica della Divina Sapienza , Aya Sofia in turco, poi divenuta  Santa Sofia, ma solo per questioni di assonanza in quanto la chiesa non venne mai dedicata ad alcun santo. Questo straordinario edificio fu per più di mille anni il più grande monumento religioso del mondo cristiano.

La sua storia è molto ricca ed obbliga necessariamente ad una sintesi.  L’imperatore Giustiniano fece costruire l’edificio attuale sul sito su cui erano già state erette due precedenti chiese. La prima era conosciuta come “Magna Ecclesia”, per via delle sue importanti dimensioni che la distinguevano dagli altri edifici religiosi. Inaugurata nel 360, occupava la zona prossima al Palazzo Imperiale ed insieme alla Chiesa di Sant’Irene costituivano le due principali chiese dell’Impero Bizantino. La seconda chiesa è da attribuirsi al volere di Teodosio II. Questa struttura , sempre dotata del tetto in legno come la precedente, venne distrutta da un incendiò che scoppiò nel corso della rivolta di Nika e dal quale si salvò solo la piccola sacrestia. Un interessante rilievo di marmo raffigurante dodici agnelli in rappresentanza dei dodici apostoli è giunto fino ai giorni nostri.                                                                                                                      

La terza chiesa rappresenta l’attuale edificio voluto dall’imperatore Giustiniano nel 532, poco dopo la distruzione della precedente basilica: fu un dispiegamento di ricchezze, energie, materiali senza precedenti. Al tempo vennero prelevati da tutti i monumenti pagani ed asiatici elementi per le decorazioni, tutte le cave di marmo disponibili vennero utilizzate per  prelevare il pregiato materiale necessario, così come il porfido rosso dall’Egitto, l’avorio, le  lastre d’oro e d’argento, il marmo rosso di Synada, il marmo verde della Tessaglia,la pietra gialla dalla Siria e molto altro ancora. Il progetto venne affidato a Isidoro di Mileto e ad Antemio di Tralle, i quali misero in opera un cantiere in cui lavorarono più di 10.000 operai. La Basilica venne inaugurata con una cerimonia degna dell’impresa architettonica il 27 dicembre 537 e da quel momento essa venne utilizzata come sede patriarcale oltre che come luogo di cerimonie imperiali come ad esempio le incoronazioni. Purtroppo una serie di forti terremoti danneggiarono l’edificio. In particolare, quello del 7 maggio 558, causò il crollo della cupola centrale, la quale venne immediatamente ricostruita più alta e con un carico portante inferiore, assumendo le dimensioni  che si osservano tutt’oggi. Nei secoli la cupola necessitò di continui interventi di costruzione e ricostruzione, grazie ai quali vennero aggiunti sostegni e contrafforti per rendere la struttura più stabile, anche se meno sinuosa ed elegante. In particolare, vennero utilizzati laterizi più leggeri provenienti da Rodi: questi mattoni, scavati all’interno e realizzati con un’argilla più porosa, pesano  infatti 12 volte meno rispetto a quelli precedenti.

Con l’ingresso e la conquista della città nel 1453 da parte dell’esercito di Maometto II, Santa Sofia venne selvaggiamente saccheggiata e poi subito trasformata nella moschea di Aya Sofia. Numerosi furono gli interventi a livello estetico di sostituzione dei simboli cristiani, con l’inserimento di grandi medaglioni riportanti il nome di Allah e altre figure  di riferimento, la copertura dei mosaici bizantini, la decorazione pittorica  utilizzando i versetti del Corano, la sostituzione del pulpito con il Mihrab, l’inserimento di un enorme lampadario da sospendere alla cupola principale, del palco per il sultano, di una loggia per il Muezzin, di un minbar decorato con marmi e di una pedana per il sermone. Furono ovviamente aggiunti alla struttura diversi minareti. Due di essi (il minareto a sud-est lo fece erigere Mehmet II, quello di nord-est il figlio Beyazit II) vennero integrati grazie all’architetto Sinan, il quale, oltre a rinforzare la struttura preesistente, aggiunse il mausoleo del Sultano e una grande mezzaluna d’oro sulla punta della cupola. Infine, nel 1935, il presidente turco Atatϋrk trasformò definitivamente Santa Sofia in museo, riportando alla vista le antiche decorazioni fra cui gli splendidi mosaici ed i pavimenti di marmo. Da questo momento, fu tassativamente  vietato l’utilizzo dell’edificio come luogo di culto.

ARCHITETTURA , INTERNI ED ESTERNI

Come già detto ci si trova al cospetto di uno dei monumenti chiave dell’architettura di tutti i tempi. Ineguagliabile fu l’opera degli architetti che al tempo realizzarono questo capolavoro, pur non potendo usufruire delle tecnologie e dei materiali oggi a disposizione.

L’imponente e massiccia struttura esterna tuttavia non permette di immaginare quali splendori vengano custoditi al suo interno.

L’ingresso a Santa Sofia di trova sul lato posto sud-ovest della struttura. Passando per la biglietteria ed i controlli di sicurezza, ci si trova sull’entrata principale, dalla quale è possibile osservare le vestigia dell’antica chiesa di Teodosio II, di cui si osservano gradini e frontone, e ciò che resta del campanile eretto dai Latini. Tra il nartece esterno e quello esterno si trova la possente porta in legno di cedro che indicava l’entrata attraverso cui passavano le processioni imperiali, la principale fra le cinque porte che introducono alla navata. Rimangono ancora visibili i solchi sul pavimento in pietra lasciati sulla soglia dalle presenza delle guardie. Sulla sommità della porta  è collocato uno dei mosaici più importanti della basilica, “La Maestà di Cristo”. Qui, il Cristo Pantocratore tiene in mano un libro che riporta la frase “La Pace sia con voi. Io sono la luce del mondo”. Nell’immagine è presente anche l’imperatore Leone VI prostrato di fronte al Cristo seduto al trono.                                                                                         

L’edificio interno presenta una pianta quadrata a tre navate: un enorme vano centrale dominato dall’impressionante cupola e affiancato dai corridoi laterali. La cupola, alta 55,6 m per un diametro di 31 m, rappresenta l’elemento di maggior interesse sia per gli storici d’arte che per i professionisti  dell’ambito progettuale. Anche lo sguardo del visitatore viene immediatamente calamitato verso l’alto, attirato dalla luce che penetra all’interno e che regala al sito una particolare aura di misticismo. Questo  grazie alle 40 finestre ad arco inserite proprio nella cupola e ad uno speciale sistema di nervature in muratura che corrono dalla cima della cupola fino alla base, permettendo al peso di scorrere tra le finestre stesse. Si provi ad immaginare l’effetto suggestivo e di magico splendore ottenuto grazie ai 30 milioni di tessere  d’oro sulle quali andava a riflettersi la luce entrante, prima che gli ottomani coprissero gran parte delle decorazioni musive. Due semicupole poste al suo lato, infine, unite alla presenza alle nicchie ed agli absidi minori, conferiscono all’ambiente un’armonia delle proporzioni ed un equilibrio dei volumi difficilmente eguagliabile.

Nella navata laterale sulla sinistra troviamo le cosi detta “Colonna Sudante” o Colonna di San Gregorio, conosciuta per il suo potere miracoloso di guarire le malattie e di favorire le gravidanze. Secondo la leggenda, il desiderio sarà esaurito inserendo il pollice della propria mano nel foro presente nella colonna e disegnando un cerchio virtuale a mano aperta da sinistra a destra. Sotto la cupola, nel vano centrale, sono invece presenti due enormi urne di alabastro utilizzate per le abluzioni provenienti da Pergamo -XVI sec.- e la tribuna dei cantori, ossia l’antico ambone, il podio da cui veniva proclamata la Parola di Dio, riccamente decorato con avorio, argento e pietre preziose.

Le tribune sono disposte a ferro di cavallo, racchiudendo la navata centrale fino all’abside e sono accessibile tramite una scala piuttosto tortuosa.  Questo spazio era tradizionalmente riservato all’Imperatrice (in particolare “La loggia dell’Imperatrice” era il punto dedicato a lei e la sua corte per assistere alle cerimonie) e qui si trovano le decorazioni più belle della basilica. Nella zona sud è invece collocata la Porta di Marmo. Utilizzata durante le riunioni dei rappresentanti religiosi per entrare ed uscire dalla camera di discussione, è decorata con bassorilievi raffiguranti il Paradiso e l’Inferno. Situata vicino a questa porta si trova la Deesis , tema iconografico cristiano molto comune nel mondo ortodosso. Questo mosaico raffigura la Madonna e San Giovanni Battista colmi di pietà mentre richiedono al Cristo l’assoluzione dei peccati mortali nel giorno del Giudizio Universale. Lì vicino è presente anche la tomba di Enrico Dandolo, doge di Venezia nel 1192, il quale, nel corso della quarta crociata, si impossessò di territori che gli permisero di regnare su tre ottavi di Costantinopoli, tra cui quello comprendente S. Sofia. Egli veniva descritto dal cronista Goffredo di Villehardouin come « un vecchio gigante che ha ancora la forza di galoppare, per affrontare con la sua abituale fierezza, anche l’ultimo nemico: la morte. » Secondo la tradizione, la sua tomba venne profanata nel corso della conquista ottomana e le sue ossa gettate ai cani. La lapide visibile non è originale, bensì un falso dell’800. Interessante infine, in fondo alla tribuna e a fianco dell’abside,  la raffigurazione  musiva dell’Imperatrice Zoe che mostra lei stessa a fianco del Cristo e del terzo marito Costantino IX Monomaco, effigie quest’ultima  sostituita ogni volta con quella del nuovo consorte.

Ritornando alla navata centrale, nella parte sud, si trova l’abside, che ospita il mihrab ed il minbar, mentre a sinistra è collocata la Loggia del Sultano con a fianco un corridoio piastrellato di pregiate maioliche di Iznik. Questa zona privilegiata, rialzata da terra e riparata dalla vista del pubblico, venne fatta costruire nel 1848 da Abdϋl Mecit I per consentire al sovrano di giungere alla moschea e pregare, senza essere esposto all’indiscrezione degli sguardi altrui.                                                                                              Alla destra dell’ingresso si trova il vestibolo che conduce all’uscita e dove non è possibile non soffermarsi sul mosaico datato X sec. (è necessario voltarsi per vederlo) raffigurante la Madonna con il Bambino affiancata da Costantino I e Giustiniano che le offrono simbolicamente la città di Costantinopoli e un modellino di Santa Sofia. Questa è senza dubbio uno dei mosaici più emozionanti. Esso da un lato, celebra il dogma dell’Incarnazione, dall’altro, rappresenta l’adempimento dei propri doveri  da parte dei due imperatori: Giustiniano simboleggia l’ordine e la legge, mentre Costantino rappresenta i valori morali sostenuti dalla Chiesa.

All’esterno sono ancora visibili la fontana per le abluzioni ed il Battistero, antico edificio quadrangolare la cui costruzione è precedente a quella di S. Sofia. Esso venne trasformato dai sovrani musulmani prima in oleificio poi in un mausoleo, oggi chiuso al pubblico. Numerose le tombe imperiali disseminate nel cortile, fra queste quelle di Selim II e dei suoi cinque figli, tutti assassinati per garantire una fluida ascesa al trono del primogenito Murat III. Sul fondo, a sinistra, sono visibili i resti di un portico appartenente ad uno dei primi templi eretti nell’area in seguito dedicata a Santa Sofia. Compiendo un giro sul perimetro esterno, si possono osservare alcune belle case in legno, in corso di restauro grazie ad un programma avviato dal Touring Club turco.

Aperta tutti i giorni, escluso il lunedì, dalle 9.00 alle 16.30 (in estate fino alle 19.00) Ingresso: 12 euro

MUSEI ARCHEOLOGICI

costituiscono un polo museale ad interesse archeologico situato all’interno dei giardini esterni del Palazzo del Topkapi. L’apertura al pubblico avvenne nel 1891 sotto la direzione di Osman Hamdi Bey, primo archeologo turco di fama internazionale, che giocò un ruolo fondamentale nella vita culturale, artistica e scientifica ottomana. Fu grazie alle prime leggi di tutela del patrimonio che le collezioni imperiali vennero ampliate ed arricchite, fino a costituire il patrimonio odierno di rilevanza mondiale. I musei archeologici sono distinti in tre diversi edifici, a seconda della tipologia di collezione.

Apertura: dalle 9.00 alle 17.00 (fino alle 19.00 da Aprile ad Ottobre) dal martedì alla domenica, chiuso il lunedì.

PICCOLA SANTA SOFIA – Kϋçϋk Aya Sofya

Scendendo dalla Moschea Blu e proseguendo nella direzione indicata dall’Ararat Bazaar, troverete questo piccolo gioiello di architettura, spesso trascurato dagli itinerari di visita della città, dove trovare un po’ di tranquillità e calma rifuggendo le code e l’affollamento di Sultanahmet, magari seduti nel chiostro bevendo un çay tra le librerie religiose. L’ex chiesa bizantina dei santi Sergio e Bacco, detta Piccola Santa Sofia per le affinità che la accomunano alla più nota basilica di Hagia Sophia e di cui costituirebbe un antecedente, è stata la prima convertita in moschea nel corso del dominio ottomano. La sua costruzione risale agli anni compresi tra il 527 ed il 536 per volere dell’imperatore Giustiniano I. Secondo una leggenda sembra che la chiesa sia stato un ex-voto dell’imperatore, salvato in extremis da una condanna a morte per presunto complotto contro la corona  grazie ad una intercessione dei santi Sergio e Bacco. Comparsi in sogno all’imperatore Giustino I, i due santi convinsero quest’ultimo ad annullare l’esecuzione della pena e a reinserire Giustiniano con il nome di Cesare. Quando egli divenne a sua volta imperatore, come ringraziamento per la salvezza, mise la costruzione dell’edificio fra i primi atti di governo. La chiesa venne edificata tra l’Hormidas, la residenza di Giustiniano prima di essere imperatore a nord e la Chiesa dei Santi Pietro e Paolo a sud. Questa faceva parte del complesso, ma è stata demolita a causa dei lavori di costruzione della ferrovia. Nel 536 l’imperatrice Teodora volle trasformare il palazzo dell’Hormidas in monastero monofisita per accogliere i seguaci  provenienti dalle zone orientali dell’impero.

La trasformazione in moschea avvenne tra il 1506 ed il 1512 ad opera di Hüseyn Ağa, capo degli eunuchi bianchi, i cui resti sono conservati in una turbe, il suo mausoleo nei pressi della moschea. In quest’occasione vennero aggiunti alla costruzione il portico e la madrasa. La fontana per le abluzioni, Şadırvan, venne inserita nel corso del restauro ordinato dal Gran Vizir Hacı Ahmet Paşa nel 1740. Il minareto venne costruito nel 1762, demolito nel 1940 e ripristinato nel 1956. Purtroppo la chiesa-moschea ha subito nel corso del tempo i danni dell’incuria, dell’umidità, dei terremoti e non ultimo quelli dei profughi che la utilizzarono come rifugio nel corso delle guerre balcaniche. Fortunatamente, l’ultimo intervento di restauro realizzato nel 2006 ha definitivamente restituito e salvaguardato l’integrità e la bellezza del sito.

La Piccola Santa Sofia, in conformità con la tradizione orientale , è a pianta centrale: un ottagono inscritto in un rettangolo indicato dalle colonne che sorreggono la cupola. Purtroppo i lavori di intonacatura risalenti alla trasformazione della chiesa in moschea cancellarono l’originale decorazione, i mosaici a fondo d’oro e i ricchi motivi che impreziosivano il katholikon. Rimane solo traccia di una fine iscrizione in esametri greci che corre lungo il perimetro dell’edificio e che celebra l’operato di Giustiniano, Teodora e San Sergio, patrono dell’esercito Bizantino. Altri interventi riguardarono modifiche agli ingressi, alle finestre ed il rialzamento della pavimentazione. La pianta della chiesa servì come modello per la costruzione della basilica di San Vitale a Ravenna e la moschea di Rüstem Paşa a Eminönü progettata dall’architetto Sinan.

MOSCHEA DI SOKOLLU MEMHET PAŞA – Sokollu Mehmet Paşa Camii

A poche centinaia di metri dalla Moschea Blu si trova uno degli edifici purtroppo meno valorizzati, ma che meriterebbe sicuramente più attenzione. Si tratta di uno dei capolavori  dall’architetto Sinan, conosciuto anche in Occidente come Mimar Koca Sinan “il grande architetto Sinan”, (1489-1588). La moschea fu progettata nel 1571 su incarico del Gran Vizir e di sua moglie Esmahan (figlia del sultano Selim II) e la sua particolare collocazione data dal forte dislivello del terreno, obbligò l’architetto a costruire un  terrapieno sul quale appoggiare le fondamenta della moschea.

La particolarità che rende unica la Sokollu Memhet Paşa Cami è il fatto che la sua struttura incorpora la medrese, di norma separata e le cui celle sono ricavate nei muri perimetrali del cortile. Nella parte superiore della scala  di ingresso si trova la dershane o sala di lettura per la scuola teologica, mentre il cuore della corte interna  è occupata dalla fontana coperta per le abluzioni. La sala delle preghiere è riccamente decorata da maioliche a motivi floreali, prevalgono i colori del rosso e del verde smeraldo, i rivestimenti  e le dimensioni ridotte rendono questo spazio particolarmente intimo e suggestivo. E’ interessante osservare i quattro frammenti della sacra pietra nera custodita nella Mecca, uno collocato sopra la porta d’ingresso, uno nel Mihrah (l’equivalente dell’altare maggiore cristiano) e due nel Minbar ( pulpito).

LA COLONNA DI COSTANTINO  o obelisco murato è costituita da 9 blocchi di porfido grossolanamente tagliati e posti su una base  in muratura, per un’altezza complessiva di 20,4 m. La colonna venne probabilmente eretta nel IV sec. e originariamente era sormontata da una statua con le sembianze dell’imperatore nelle vesti di Helios. Lo sguardo rivolto verso il giorno nascente, lo scettro nella mano destra, il globo del mondo nella sinistra, una corona di raggi sfolgoranti fatti con i chiodi della croce ed un’iscrizione che cita “Costantino, che splende come il sole” . La statua venne abbattuta dal vento nell’anno 1026 e fu fatta sostituire da una croce, mentre la struttura di pietra venne rinforzata attraverso cerchi di metallo.  Molte sono le credenze che ruotano attorno a questo ragguardevole elemento:

secondo una tradizione bizantina, al disotto della colonna sarebbe stato sepolto il palladio (una statuetta lignea raffigurante la dea Atena  portata da Troia a Roma da Enea e custodita nel tempio di Vesta), sottratto in segreto dall’imperatore Costantino. Una leggenda racconta poi che il piedistallo contenga frammenti della croce ed alcune ceste della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Esisteva anche una profezia secondo la quale i turchi, una volta entrati in città, avrebbero inseguito i romani fino a questo punto. Qui un angelo sarebbe sceso dal cielo e, consegnando ad un povero una spada, gli avrebbe detto:  “Prendi questa spada e vendica il popolo del Signore!” e alla sua vista i turchi sarebbero fuggiti immediatamente.

MOSCHEA DI NURUOSMANIYE – Nuruosmaniye Camii
Collocata presso una delle porte d’ingresso del Gran Bazar, attorniata da platani ed ippocastani, questa moschea il cui nome significa “ Luce sacra di Osman”, risale al 1748, anno di inizio dei lavori di costruzione ordinati dal sultano Mahmut I. L’edificio,  completato solo nel 1755 dal fratello e successore  Osman III, venne eretto sotto la direzione dell’architetto Simeone Kalfa, il quale, assaggiato lo stile barocco e rococò molto diffuso in Europa, ruppe  con la tradizione architettonica precedente. La Nuruosmaniye Camii rappresenta dunque uno degli esempi più belli di barocco ottomano.  In realtà, questa moschea ricorda molto quella di Santa Sofia. La struttura di forma cubica le conferisce un aspetto piuttosto massiccio, dal profilo non particolarmente elaborato, sul quale domina un’imponente cupola a coprire l’intera area di preghiera. Da notare nell’ampio spazio interno le finestre sormontate dagli archi a tutto sesto e la fascia decorata con in motivi calligrafici che corre lungo le pareti. Il complesso comprendeva  una moschea, una scuola coranica, una biblioteca, una loggia imperiale, un mausoleo ed un chiosco per l’acqua, ma risulta priva della fontana per le abluzioni. Singolarmente  suggestivo il cortile interno, laddove si ritrova una quiete insperata, impossibile da trovare nell’animato e vibrante quartiere del Gran Bazar. Nella parte posteriore si trova il caravanserraglio utilizzato a suo tempo dagli alti funzionari ottomani in soggiorno ad Istanbul.

 

BAZAR DEI LIBRI – Sahaflar Çarşɪsɪ
Già presente ai tempi di Costantinopoli, il bazar dei libri si trova  a ovest del Kapalı Çarşı (Gran Bazar), stretto tra il Çadırcılar Caddesi e il Beyazît Camii. Seppur di dimensioni ridotte e non così tanto conosciuto , ha rappresentato fin dalla sua nascita un luogo di aggregazione e scambio  tra artisti, studiosi ed intellettuali della città della città. I piccoli negozi ed i banchi del mercato sono una fonte inesauribile di  testi universitari, libri d’arte, miniature, calligrafie. Si possono trovare oltre a libri in lingua nazionale, anche libri in inglese o in altre lingue straniere, antichi e moderni, stampati o realizzati a mano. La quantità considerevole di manoscritti è da attribuirsi all’attenzione storica verso l’arte calligrafica, il cui fine principale era quello di trascrivere il Corano e che si è cercato di preservare tanto che fino al 1729, anno in cui venne stampato il primo libro in lingua turca, i libri stampati venivano banditi dal Paese. Una passeggiata sotto gli alberi alla ricerca di antiche produzioni letterarie rappresenta un modo piacevole ed interessante di spendere parte del proprio tempo in una realtà autentica e romantica della vecchia Istanbul. Tutti i giorni, dalle 8 alle 15.

PIAZZA BEYAZIT
Davanti alla moschea, occupa l’antico foro dell’imperatore Teodosio I (il cosìdetto ‘Forum Tauri’ per via delle teste di toro di bronzo che lì si trovavano), il più ampio tra quelli della città. Il nome originario è Hurriyet Meydani,  Piazza della Libertà, ma dalla gente è comunemente conosciuta come Beyazit.  Oggi ospita la BEYAZIT CAMI e fa da sfondo alla porta monumentale dell’ Università di Istanbul. Animata dalla vivacità dei passanti, è un luogo unico per comprendere ed apprezzare la pluralità che contraddistingue Istanbul.

 

MOSCHEA DI SOLIMANO – Sϋleymaniye Camii
I poeti turchi la descrivono come “lo splendore e la gioia”, riferendosi al contributo che essa dà alla bellezza ed alla solennità di Istanbul. Considerata da molti una delle più sontuose ed affascinanti costruzioni della città, la moschea di Solimano è senza dubbio l’opera più riuscita dell’architetto Sinan. Costruita sul sesto colle di Istanbul, laddove il terreno declina in direzione del Corno D’oro, è raggiungibile dalla Prof Siddik Sami Onar Caddesi, un tempo conosciuta come “mercato dei viziosi “ o “ vicolo dei tossici”, per via del fatto che nei suoi caffè veniva servito anche l’hashish. Gli edifici satellite che circondano la moschea fanno parte del suo Külliye (complesso) e comprendono cinque scuole elementari e superiori, un ospedale, un manicomio, un hammam, ed una mensa, costituendo una vera e propria città nella città. Fu Solimano il magnifico ad ordinarne la costruzione negli anni tra il 1550 ed il 1557, chiedendo espressamente che rappresentasse la grandezza del suo regno. Alla sua realizzazione parteciparono di 3523 scalpellini, tutti di origine armena, allora considerati i migliori al mondo.

L’ingresso alla moschea avviene passando per i giardini ed i cortili porticati le cui colonne provengono dal Palco Reale dell’Ippodromo. Portali in legno decorati con ebano, madreperla ed avorio introducono alla sala delle preghiere. Di ampiezza impressionante e vertiginosa sensazione essa viene illuminata dalla luce che filtra attraverso 138 finestre. Anche l’acustica è incredibile, rendendo percepibile all’orecchio il più piccolo suono realizzato in qualsiasi punto della moschea. La cupola, alta 53 metri di altezza, sovrasta un’ampia sala rettangolare e poggia su quattro piloni di 7 m. La decorazione interna è piuttosto sobria e spetta soprattutto alle vetrate ricche di arabeschi floreali ed al mihrab rivestito di maioliche di  Ïznik, ad arricchirne l’aspetto.

All’esterno, ad incoronare la moschea, troviamo 4 minareti, di cui 2 più alti, dai balconi lavorati in pietra attorno ai quali corrono 10 gallerie. Questi due numeri vogliono probabilmente ricordare che Solimano il Magnifico è stato il decimo sultano ed il quarto residente ad Istanbul.

La moschea venne danneggiata da un incendio nel 1660 e da un terremoto nel 1766. Sembra che gli interventi di ricostruzione alterarono l’originale decorazione voluta da Sinas, secondo la quale vi era una predominanza del colore blu. Altri danni all’edificio risalgono al periodo della seconda guerra mondiale, quando il cortile venne utilizzato come deposito di armi e si sviluppò un incendio proprio a causa dell’accensione di alcune munizioni. Risale al 1956 uno dei più recenti interventi di restauro, mentre dal 2009 è in atto una nuova campagna di lavori di manutenzione per restituire alla costruzione l’originale splendore. Le 24 colonne del cortile, in marmo bianco e granito rosa, probabilmente provengono dalla loggia dell’imperatore disposta sull’Ippodromo.
Visitate la moschea sul far del tramonto e trattenetevi fino a che le luci del Corno d’Oro, Galata e Beyoglu non si accenderanno, lo spettacolo sarà fantastico.

SULTAHAMET

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