Il Monastero dos Jerónimos e la Torre di Belém

 

Belém, il cuore del sogno portoghese
Ci troviamo a Belém, quartiere di Lisbona da cui partivano le navi verso l’ignoto, e dove oggi si erge maestoso il Monastero dos Jerónimos, monumento che racchiude lo spirito dell’epoca delle grandi esplorazioni.
Questo edificio fu voluto da re Manuele I per celebrare il ritorno di Vasco da Gama, di ritorno dall’India, dopo aver aperto una nuova rotta marittima che avrebbe trasformato per sempre il destino del Portogallo.
Il monastero, costruito a partire dal 1502 su progetto dell’architetto Diogo de Boitaca, sorge nel punto in cui un tempo si trovava una semplice cappella – l’Ermida do Restelo nella quale, secondo la tradizione, il navigatore e il suo equipaggio si raccolsero in preghiera prima della partenza.

Una cattedrale della storia
Passeggiando lungo i suoi chiostri, attraversando portali finemente scolpiti e contemplando le volte a stella, comprendiamo perché questo luogo sia considerato il vertice dello stile manuelino: un linguaggio architettonico che fonde motivi tardo gotici e rinascimentali con simbologie legate al mare, alla fede e alla regalità.
Qui si incontrano le firme di diversi architetti: Boitaca, Juan de Castillo, Diogo de Torralva, ciascuno dei quali ha lasciato un’impronta riconoscibile nelle diverse parti del complesso – dalla chiesa al chiostro, dal refettorio alla sacrestia. La costruzione durò circa un secolo e fu sostenuta anche con le imposte sui carichi di spezie provenienti dalle Indie.

Storie scolpite nella pietra
Entrando nella chiesa, ci accoglie una spazialità ariosa, suddivisa in tre navate illuminate da vetrate.
La copertura del transetto, progettata da Castillo, si distingue per l’ardita struttura che copre senza colonne un’area rettangolare di 29 metri per 19. Nella cappella maggiore, impreziosita da una pala d’altare del XVIII secolo e dipinti sulla vita di Cristo, riposano i sovrani Manuele I, Maria d’Aragona, Giovanni III e Caterina.
Troviamo anche le tombe di Vasco da Gama e Luís de Camões, autore dei Lusíadi, poemi dedicati alle imprese navali portoghesi. Il chiostro, raffinato e armonico, si sviluppa su due livelli con arcate decorate, e ospita anche la cappella dove, dal 1985, si trovano le spoglie di Fernando Pessoa, una delle voci poetiche più importanti del Novecento.

Il sapere custodito tra le mura
Nell’ala ovest, un ampliamento ottocentesco accoglie due importanti musei: il Museu Nacional de Arqueologia, con collezioni che raccontano la preistoria e la romanizzazione del territorio portoghese, e il Museu de Marinha,
che documenta l’evoluzione della marineria lusitana, con modelli navali, carte nautiche e strumenti di bordo che ci raccontano il mestiere del navigatore. Ogni sala contribuisce a restituire il senso di una nazione che ha fatto della conoscenza geografica e dell’esplorazione un elemento fondante della propria identità.

La torre tra le onde del tempo
Poco distante, si erge la Torre di Belém, un altro simbolo indelebile dell’Era delle Scoperte.
Fu costruita tra il 1515 e il 1521 per volontà di re Manuele I, su progetto di Francisco de Arruda, con la collaborazione di Diogo de Boitaca. La torre non aveva solo una funzione difensiva: segnava l’ingresso simbolico alla città di Lisbona per chi arrivava dal mare. La sua struttura, con bastione e torre di quattro piani, riflette lo stile manuelino in ogni dettaglio: dalla decorazione delle merlature alle finestre ad arco, fino ai baluardi che si affacciano sul Tago. La leggenda secondo cui sarebbe stata costruita in mezzo al fiume e spostata dal grande terremoto del 1755 è affascinante, ma poco supportata dalle fonti storiche: più probabilmente, la torre sorgeva su un isolotto vicino alla riva, poi inglobato dall’espansione del litorale.

Dove la memoria incontra il presente
Sia il monastero che la torre, dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, non sono semplicemente reliquie di un passato glorioso. Continuano a dialogare con la storia recente: proprio nel monastero fu firmato il Trattato di Lisbona nel 2007, tappa fondamentale nel processo d’integrazione europea. E camminando tra queste pietre, ci rendiamo conto che ogni colonna, ogni affresco, ogni sepolcro è il tassello di un racconto collettivo che intreccia fede, arte, potere e desiderio di scoperta. Un racconto che ci riguarda ancora oggi.

 

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