L’arte dei Meddah
Riconosciuta nel 2003 dall’UNESCO come capolavoro del patrimonio orale e immateriale dell’umanità, rappresenta una delle più affascinanti tradizioni del teatro popolare turco. Si tratta di una forma narrativa che affonda le sue radici in un passato remoto, sviluppatasi nel contesto culturale dell’Impero Ottomano e diffusa in tutto il mondo turcofono, ma anche influenzata dalle culture dell’Asia centrale, del Caucaso e del Medio Oriente.
Il meddah era un cantastorie solista, capace di animare una molteplicità di personaggi e di situazioni con il solo ausilio della voce, della mimica e di pochi semplici oggetti: un fazzoletto e un bastone. Questi strumenti non erano meri accessori scenici, ma veri e propri segni teatrali: il fazzoletto poteva rappresentare un turbante, un velo o una bandiera; il bastone poteva diventare una spada, un bastone da viaggio o un elemento simbolico di potere. Con questi pochi elementi e una straordinaria padronanza espressiva, il meddah trasportava il pubblico in mondi immaginari, episodi storici o racconti popolari ricchi di comicità, critica e saggezza.
Un’arte al crocevia tra intrattenimento e riflessione
Il meddah non era soltanto un narratore: era un educatore, un moralista, un osservatore attento della realtà. Le sue storie, spesso tratte da leggende, romanzi epici o fatti realmente accaduti, venivano modificate e adattate a seconda del pubblico, dell’ambiente e del momento storico. La narrazione si apriva con una breve introduzione in versi, spesso di tono solenne o poetico, per poi proseguire in forma dialogata e animata.
Una delle caratteristiche distintive dell’arte dei meddah era la capacità di imitare dialetti, tic linguistici e comportamenti tipici dei vari personaggi, rendendo le performance vivide e coinvolgenti. Il meddah sapeva cogliere con ironia i vizi e le debolezze della società, caricando i protagonisti delle sue storie fino al limite della caricatura. Non era raro che la narrazione si trasformasse in un pungente commento politico o sociale, innescando discussioni vivaci tra gli spettatori, che spesso si radunavano nei caffè, nei caravanserragli o nei mercati per ascoltarlo.
Una comunicazione diretta e partecipata
Lo spettacolo del meddah si basava su una relazione diretta con il pubblico. Non esisteva un copione fisso: la narrazione si adattava alle reazioni degli spettatori, alle loro risate, ai loro silenzi o commenti. Un bravo meddah poteva raccontare per ore, o interrompere e riprendere la storia nei giorni successivi, creando un forte senso di attesa e partecipazione. Il valore dell’improvvisazione era altissimo, e l’arte del meddah si fondava sulla padronanza della parola, sulla retorica e su un senso raffinato del tempo narrativo.
Tracce contemporanee
Con l’arrivo dei mezzi di comunicazione di massa e, in particolare, con la diffusione della televisione nei caffè, il ruolo sociale del meddah ha subito un lento declino. Le nuove forme di intrattenimento hanno preso il sopravvento, relegando questa figura a contesti più ristretti come le celebrazioni religiose o eventi culturali. Alcuni artisti continuano tuttavia a mantenere viva questa tradizione, anche attraverso spettacoli televisivi o rappresentazioni in festival dedicati alle arti orali.
L’arte dei meddah è molto più di una forma teatrale: è un archivio vivente della memoria collettiva, una testimonianza del valore della parola e della capacità umana di trasmettere emozioni, insegnamenti e critica attraverso il racconto. In un’epoca in cui l’attenzione è frammentata e la comunicazione spesso mediata da schermi, riscoprire la voce del meddah significa riconnettersi con una tradizione in cui l’essere umano, con la sua voce e la sua presenza, era il centro della scena.