Sito archeologico nella Valle del Côa
Un paesaggio inciso dal tempo
Ci troviamo nel nord-est del Portogallo, nella valle del Côa, dove il fiume scorre tra rilievi rocciosi che si aprono su un paesaggio rurale isolato. Qui, lungo le pareti di scisto levigate dal tempo, si estende uno dei più vasti complessi di arte rupestre preistorica all’aperto conosciuti in Europa. Migliaia di figure animali – cavalli, bovini, caprini, insieme a sagome umane e segni astratti, furono incise tra i 20.000 e gli 8.000 anni fa, durante il Paleolitico superiore.
Le superfici rocciose, quasi sempre verticali, ci rivelano un’arte incisiva e dinamica, che varia da semplici tratti lineari a composizioni articolate.
Un dialogo tra rocce e simboli
Queste incisioni non sono isolate: lungo il fiume, formano un sistema narrativo esteso, come un archivio di segni tracciati da mani antiche. Risaltano per la loro varietà e disposizione, e quando le osserviamo nel loro insieme, capiamo che non si tratta solo di rappresentazioni di animali o di caccia, ma dell’espressione di una visione del mondo. Non sono molti i siti che ci offrono un’esperienza simile all’aperto: Mazouco in Messico, Fornols-Haut in Francia, Domingo García e Siega Verde in Spagna sono esempi rilevanti, ma nessuno eguaglia la vastità e la complessità della valle del Côa.
Una doppia voce preistorica
Attraversando il confine con la Spagna, incontriamo il sito di Siega Verde, che si affianca al Côa come parte integrante dello stesso fenomeno culturale. Anche qui, lungo le scogliere del fiume Águeda, troviamo circa 440 pannelli incisi che rivelano un’identica impronta culturale, una stessa grammatica visiva e simbolica.
Insieme, questi due luoghi costituiscono il più rilevante complesso all’aperto di arte paleolitica della penisola iberica. Lo stile, i temi iconografici e la tecnica ci mostrano come gli artisti del Paleolitico operassero con la stessa consapevolezza sia negli ambienti ipogei delle grotte, sia all’aperto, in pieno paesaggio.
L’arte che rischiò il silenzio
Alla scoperta del sito seguì una dura controversia. Alla fine degli anni Ottanta, quando le prime incisioni vennero identificate, si era già previsto di costruire una centrale idroelettrica lungo il Côa. Il progetto, portato avanti dalla compagnia energetica portoghese EDP, avrebbe innalzato il livello delle acque, sommergendo le superfici incise. L’archeologo Nélson Rabada, incaricato di studiare l’area, comprese il valore inestimabile del complesso e denunciò pubblicamente la situazione. La vicenda suscitò l’indignazione nazionale e internazionale, attirando l’attenzione di grandi testate come The New York Times e The Sunday Times.
Anche l’UNESCO fu coinvolta, sebbene inizialmente non ci fosse accordo unanime sulla sorte del sito.
Alcuni ritenevano che l’acqua potesse proteggerlo, ma le voci contrarie prevalsero. L’opinione pubblica portoghese si mobilitò con forza, sostenuta dalla comunità scientifica. Nel 1995, il governo guidato da António Guterres bloccò definitivamente la costruzione della diga e avviò la creazione del Parco Archeologico della Valle del Côa.
Da allora, la zona è oggetto di studi sistematici e accoglie visitatori in aree appositamente predisposte.
Custodi del tempo
Oggi, camminando lungo i sentieri del parco, ci troviamo in un museo all’aperto che si snoda tra le rocce e il fiume. Ogni incisione ci restituisce un frammento di pensiero paleolitico, una traccia di vita quotidiana, di riti, di miti forse.
Il valore del sito non sta solo nella bellezza o nell’antichità delle figure, ma nella capacità di metterci in contatto diretto con la nascita della rappresentazione simbolica umana. Il Côa e Siega Verde non sono solo luoghi da osservare: sono spazi da ascoltare, dove il passato continua a parlarci attraverso le superfici incise.
Una gestione condivisa oltre i confini
La protezione di questi luoghi è oggi affidata a un sistema di gestione congiunto. Siega Verde è tutelata dalla legislazione spagnola e gestita dal gruppo ADECOCIR -associazione non-profit, mentre la sicurezza e la manutenzione sono curate dalla Junta de Castilla y León. Per quanto riguarda il versante portoghese, la responsabilità è dell’Istituto per la Gestione del Patrimonio Architettonico e Archeologico.
Entrambe le istituzioni collaborano per promuovere ricerche e progetti comuni, consapevoli che la voce delle incisioni trascende i confini nazionali.